
Cosa sono i ChainWorkers? Letteralmente i «lavoratori della catena», ovvero quei ragazzi e ragazze impiegati nei grandi luoghi di produzione e vendita di beni destinati al consumo di massa. Sono i giovani “cuochi” delle catene di ristorazione in franchising, che tutti conosciamo attraverso i nomi delle brand più note, McDonald’s, Burger King, Kentucky Fried Chicken, Pizza Hut.
I commessi del tempio dell’evasione Blockbuster e le cassiere dei più luccicanti centri commerciali. Sono i primi lavoratori davvero globali che in Italia hanno scelto di organizzarsi e mobilitarsi attraverso una rete telematica, la webzine chianworkers.org. Qui i chainworkers formano una comunità e si scambiano informazioni legali. Discutono del subvertising, una strategia di deformazione del logo, e denunciano le condizioni di sfruttamento nei fast-food. Raccontano le loro storie di forzati dell’iperconsumo e degli aspri conflitti con le megamarche. Questo è il loro primo libro.
Una vacanza in Nord America può significare tante cose. Negli Usa, un’area del pianeta dove la popolazione passa a fare shopping tre o quattro volte più tempo degli europei e ha occupato circa un miliardo e 200 milioni di metri quadri di territorio con i centri commerciali, è praticamente impossibile, per chiunque, evitare di confrontarsi e di trovarsi coinvolti dalla cultura iperconsumistica. Nel 1998 abbiamo percorso più di 8000 chilometri lungo la costa Ovest del Nafta, da San Diego (Usa) a Vancouver (Canada): 20 giorni completamente immersi nella seduzione dello stile americano di consumo, e poi il ritorno a casa portando con noi tre cose che avrebbero influenzato i nostri percorsi nei due anni successivi
Prima cosa: la notizia apparsa sul Financial Times che raccontava la battaglia di due ragazze canadesi riuscite, grazie all’aiuto del Sindacato dei lavoratori canadesi dell’automobile (Canadian Auto Workers, CAW), a ottenere il diritto di contrattazione collettiva in un ristorante McDonald’s di Squamish, nello stato del British Columbia
Seconda cosa: nella libreria City Lights di San Franscisco (epicentro della rivoluzione Beat) abbiamo scoperto Adbusters – La Rivista di Ecologia Mentale, progetto non-profit, con una diffusione di circa 85000 copie in tutto il mondo: questa testata-movimento cerca di rivelare e di combattere l’erosione degli spazi fisici e culturali da parte dei poteri commerciali. Il numero dell’estate 1998 era dedicato a Chris Wood, artista canadese nato nel 1970 i cui dipinti a olio di grandi dimensioni evocano in stile iperrealista il misticismo contemporaneo dell’industria dei fast-food. Il fast-food infatti, secondo l’artista esemplifica “la cultura nordamericana e il suo approccio alla vita”
Terza cosa (forse la più importante): ci siamo portati a casa una gran voglia di sperimentare un tipo di comunicazione che facesse proprie e mettesse in atto tutta una serie di informazioni, che fino a quel momento risultavano disperse
Sulla base dell’esperienza americana si era resa evidente ai nostri occhi la modificazione del territorio urbano e suburbano che sarebbe avvenuta con l’arrivo dei centri commerciali e delle catene commerciali. In Italia questo processo di conquista del territorio era ancora agli albori ma era destinato a esplodere in breve tempo. McDonald’s aveva comprato tutti i Burghy italiani; fra le proprietà di Edizione Holding posseduta da Benetton, trovavamo Autogrill, Spizzico, GS, Euromercato oltre a varie imprese dell’abbigliamento e delle calzature; la Medusa Film di proprietà Fininvest aveva acquisito il 51% di Blockbuster Italia; la diffusione capillare dei supermercati a Milano era poi già in atto da decenni (oggi possiamo contare 26 Esselunga, 14 Upim, 14 Standa, 14 GS, 13 Unes, 13 SMA, 12 PAM, 7 Oviesse, 7 Coop), mentre nel 1989 veniva inaugurato il primo negozio IKEA in Italia
Queste realtà commerciali facevano emergere un nuovo soggetto sociale: un ragazzo (o una ragazza) giovane, studente, lavoratore “atipico” ma tipico dei tempi, inesperto, sindacalmente ingenuo. Si trattava naturalmente di quegli stessi giovani che i sociologi analizzavano e che (chissà come mai?) rimanevano a vivere con i genitori fino a 30 anni. Per tutti loro non era difficile trovare lavoro in una catena. Specialmente quelle appena sbarcate in Italia cercavano giovani “tra i 18 e i 25 anni, vitali ed entusiasti. Persone da inserire in un ambiente di lavoro part-time dinamico e appassionante con prospettive di crescita professionale”, oppure giovani “di carattere duttile e estroverso, con predisposizione al gioco di squadra, che abbiano cura del proprio aspetto e che siano disponibili ad un contratto part-time” a cui offrire un’opportunità di socializzazione. Non ti chiedevano esperienza o studi particolari, rispondevano al tuo curriculum e… ops, in un batter d’occhio ti ritrovavi membro di una crew, dietro al banco o dietro alla cassa, con uniforme e cappellino a sorridere alla clientela.
ISBN: | 88-87423-67-9 |
PAGINE: | 132 |
ANNO: | 2002 |
COLLANA: | Map |
TEMA: | - |